La trasformazione della principessa Turandot
Più volte parlando dell’ultima opera di Puccini abbiamo sottolineato il fatto che sotto certi aspetti le anomalie e le rotture con la tradizione precedente sono innumerevoli.
In questo capitolo affronteremo un altro elemento che in modo del tutto particolare mette in evidenza un altro aspetto molto singolare della Turandot.
Abbiamo accennato in precedenza alla trasformazione della gelida principessa, e l’abbiamo messa in relazione prima alla piccola Liù, poi ne abbiamo sottolineato la particolare singolarità quando abbiamo detto della forte caratterizzazione del personaggio, così statico, rigidamente sacrale, eppure estremamente repentino nel suo cambiamento finale.
Ebbene, i mutamenti emotivi che coinvolgono la bella principessa possono in qualche modo essere estrapolati dal contesto e messi in evidenza come una trama nella trama.
In effetti, l’evento più marcato che caratterizza l’intera opera è proprio lo sgelamento cui è soggetta la principessa. Se volessimo concentrare la nostra attenzione solo su di lei potremmo osservare un processo che dall’inizio del secondo atto (momento in cui entra realmente in scena Turandot) fino al termine del terzo porta a una totale e graduale (seppur con qualche sbalzo) trasformazione.
Il personaggio da cui è tratta la principessa, e qui ci riferiamo sempre all’originale di Carlo Gozzi, non era ammantato della tragicità della Turandot pucciniana. Per rendere efficace il personaggio il Maestro ha dovuto compiere un lungo lavoro di caratterizzazione. Nel finale dell’opera in parte ha svolto lo stesso processo, però seguendo la via contraria, in modo da restituire alla principessa parte di quell’umanità che aveva sottratto.
Ma per raggiungere l’obiettivo prefissato il compositore non ha lavorato solo sul personaggio. La trasformazione non sarebbe stata così evidente ed efficace se non fosse stata supportata da alcuni elementi significativi sin dall’inizio dell’opera.
Il processo che porta alla progressiva umanizzazione della protagonista è reso evidente da una serie di contrapposizioni che appaiono in modo chiaro sin dall’inizio: tramonto e alba, luna e sole, amore e odio, crudeltà e asservimento. Ma questi opposti si potrebbero contare all’infinito in un’opera come la Turandot: vita e morte, vittoria e sconfitta, freddo e caldo. Tutti questi elementi rendono evidente il contrasto che dilania la stessa principessa, la quale, alla nuova alba, illuminata dalla luce del sole, si scopre umana e ardente d’amore.
Turandot quindi potrebbe essere elevata a trama stessa dell’opera, e in effetti tutto ruota intorno alla sua figura, così statica fisicamente, ma fluida e controversa nell’intimo. Puccini riesce a condurci oltre l’aspetto formale di un personaggio idealizzato e senza banalizzare ci rende partecipi delle sue più intime controversie.
Un lavoro più complesso di quello che può sembrare a un primo ascolto, la Turandot. Un’opera che nasce da una fiaba e che sa portare in alto con efficacia le emozioni più forti e instabili dell’uomo, in una sequenza ininterrotta di trasformazioni e un alternarsi continuo di odio e amore, paura e gioia.
Nessun commento:
Posta un commento