Turandot e Tosca a confronto
Dopo aver compreso l’importanza del personaggio nell’opera pucciniana, soprattutto di quello femminile, credo sia possibile approfondire a fondo il personaggio della gelida principessa mettendolo a confronto con un altro celebre soprano pucciniano: Floria Tosca.
Ciò che pare più evidente è l’atteggiamento che i due personaggi assumono nei riguardi dell’amore.
Turandot, gelida e distaccata, lo teme e cerca di evitare ogni coinvolgimento sentimentale, rendendo sacra la sua stessa situazione di gelida vendicatrice.
Tosca, rubando parole al principe Calaf, è ardente d’amore, gelosa del suo uomo e pronta a difenderlo nel momento del bisogno.
E proprio queste posizioni così distanti porteranno a finali dall’esito contrastante, in un intreccio di destini che in qualche maniera disattende le prime aspettative dello spettatore.
Calaf riuscirà a sconfiggere la bella principessa che alla fine si lascerà andare ai così temuti sentimenti amorosi; la dolce Tosca non sarà in grado di salvare il suo Mario Cavaradossi e troverà lei stessa la morte in un crescendo di tragicità e dolore.
È diversa anche la presenza delle due donne all’interno dell’opera.
Tosca è protagonista già dopo pochi minuti del primo atto e sono celebri i suoi duetti con il pittore Mario Cavaradossi. Impariamo subito ad amare questa gioiosa cantante lirica (il personaggio Tosca è anche lei soprano) e ci commoviamo scoprendo la gelosia che la lega all’uomo della sua vita. Immaginiamo i suoi occhi neri (celebrati in una splendida aria) e li scopriamo pieni di vita, intensi e innamorati. Tosca è presente in modo uniforme in tutti e tre gli atti dell’opera e in qualche modo è il personaggio che ci accompagna in maniera più costante fino alla conclusione.
Turandot nel corso della vicenda ha una crescita graduale. Compare solo a primo atto avanzato e addirittura non pronuncia una sola parola prima del secondo atto, calamitando l’attenzione col solo fascino della sua presenza. Con sfacciata sacralità vive la storia da sopra un piedistallo e rimane distaccata dagli altri personaggi. Nella Turandot è come se ci fossero due storie separate, quella della principessa (ma di questo parleremo in seguito) e quella di tutti gli altri personaggi che, più umani e più vicini al nostro modo di intendere e vivere la vita, muovono i loro passi, quasi fossero una sorta di scenografia mobile, ruotando intorno alla irreale figura femminile della protagonista.
Due personaggi così dissimili, Tosca e Turandot, ma allo stesso tempo così affascinanti. In modi diversi riescono a raggiungere lo spettatore coinvolgendolo più di quanto ci si attenderebbe da una finzione teatrale.
Se ci riferiamo a Floria Tosca può sembrare normale. È un personaggio meno fiabesco e più confrontabile al nostro mondo (la storia è ambientata a Roma nell’anno 1800). Lo spettatore può facilmente fare propri i sentimenti della bella cantate lirica.
Meno ovvio è che la stessa cosa avvenga con un personaggio anomalo come la gelida principessa della Turandot. Innanzitutto per l’ambientazione esotica e astrattamente reale. In secondo luogo per il carattere ostile e gelido della protagonista, il quale dovrebbe favorire l’allontanamento di ogni buon sentimento. Avviene invece il contrario. Ognuno si aspetta che il principe Calaf riesca a risolvere gli enigmi, non tanto per la posta in gioco, che è la vita, ma soprattutto per l’affascinante difficoltà di un amore improbabile, del quale però non si riesce a dubitare neanche dopo la morte della piccola Liù tra atroci sofferenze.
Tutti aspettano di veder capitolare la principessa. Tutti attendono quell’amore che con tanto accanimento vuole tenere lontano da sé. Alla fine dell’opera rimane un senso di stordimento e sembra strano poterlo affermare, ma la morte della piccola schiava sembra lontana e poco importante. Turandot e Calaf, con il loro ardente amore, sono il centro del mondo. Tutto il resto ruota intorno.
Sembra appunto un’altra delle anomalie alle quali il nostro Puccini ci ha abituato. Il più volte citato microcosmo di coppia si completa solamente negli ultimi minuti dopo aver oscillato più volte tra un particolarissimo terzetto di personaggi: Calaf, Liù e Turandot.
Tosca e Turandot ci appaiono quanto mai personaggi dissimili e protagonisti di due ere/mondi diversi, del tutto inavvicinabili. La maestria di Puccini è quella di trasportarci ogni volta in realtà differenti (ricordiamo ancora una volta Madama Butterfly e La fanciulla del West) e darci emozioni proprie delle più disparate dimensioni, sia nella Roma del diciannovesimo secolo che in un’immaginaria e fiabesca Pechino.
Ogni volta un viaggio nel tempo e nello spazio, sempre meravigliosamente vivo e, nei limiti della finzione scenica, reale.
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