lunedì 14 aprile 2008

Turandot: Croce e Delizia dell'Opera italiana (Cap. 3)

Puccini e le sue opere

Giacomo Puccini è indubbiamente uno dei più grandi compositori d’opera mai esistiti e il suo nome è sinonimo di talento compositivo in tutto il mondo. Se andiamo a contare le sue opere ci rendiamo però conto che la sua produzione è inversamente proporzionale al suo grande successo e talento.
Molti potrebbero ribadire che nomi quali La Bohème, Tosca, Turandot, Madama Butterfly possono essere più che sufficienti a soddisfare ogni melomane, ma il discorso che attraverso questo dato fondamentale si vuole affrontare è diverso.
Ogni opera è affrontata da Puccini con un’attenzione e una dedizione che nel mondo della composizione ha ben pochi riscontri (se si fa fede al solo numero di composizioni, non certo relativo alla genialità). Altri compositori, non meno noti al grande pubblico, hanno prodotto una quantità incredibile di partiture, approfittando di vantaggiosi contratti e lavorando sulla scia di una fama senza confronti. Leggendo lettere e dichiarazioni di compositori o loro contemporanei possiamo apprendere di come alcune opere, che potremmo pensare essere il frutto di mesi di duro lavoro, con il compositore alla ricerca dell’ispirazione e della migliore forma stilistica, sono invece il risultato del frenetico lavoro di poche settimane, a volte pochi giorni.
Per fare un esempio di un’opera di cui abbiamo già accennato possiamo parlare di nuovo de Il barbiere di Siviglia di Rossini. Sembra che il compositore abbia impiegato solamente otto giorni per realizzare centinaia di pagine di partitura. Forse di tempo ce n’è voluto un po’ di più, ma non molto, presumibilmente.
Sarebbe ingenuo pensare che il lavoro di Rossini fosse del tutto originale e scritto di getto così in pochi giorni. In effetti il discorso è molto più complesso, e avendo la possibilità di studiare a fondo la produzione rossiniana ci si rende conto che nella sua celebre opera ci sono non pochi richiami ad arie e brani di altri suoi lavori precedenti. Anche la celebre ouvertüre iniziale sembra appartenesse a un suo lavoro di alcuni anni prima. Una specie di collage, abilmente trasformato in una delle opere più famose mai composte.
Tutta questa frenesia nel comporre non la ritroviamo certo in Giacomo Puccini. Anzi, notiamo una certa riflessione, una cura a volte esasperata sia nella ricerca del tema che della forma, con l’autore molto spesso impegnato a tornare più volte sulle partiture, alla ricerca di una perfezione che sembrava eternamente fuggevole. Naturalmente anche Puccini ha spesso attinto a temi melodici preesistenti, soprattutto quando si trattava di dover caratterizzare in modo appropriato una delle sue opere dal gusto esotico (Madama Butterfly, Turandot), però dietro c’è tutta una preparazione atta a integrare nella trama melodica della sua opera questi estratti esotici. Nella Madama Butterfly le note dell’inno nazionale americano non danno l’impressione di essere messe lì a riempire un vuoto, ma caratterizzano l’atmosfera e il personaggio in maniera indiscutibilmente efficace.
Ma per trovare altri compositori dalle sterminate produzioni possiamo menzionare per l’ennesima volta Verdi, Mozart, Donizetti. Artisti di grande livello, non certo frettolosi nel comporre, tanto meno trascurati. Compositori che hanno prodotto con maggiore intensità senza trascurare per questo la forma e un’attenta ricerca tematica.
Tutto questo ragionamento serve solo a farci comprendere in modo chiaro quale fosse la partecipazione emotiva di Puccini nella realizzazione delle sue opere e nella caratterizzazione dei personaggi. Un’attenzione fuori dal normale che ci permettere di distinguere ancora una volta Puccini da tutti gli altri.
Così unico, così particolare.
Nascono in questo modo personaggi di grande fascino e spessore come Rodolfo e Mimì, Musetta e Marcello, Calaf e Liù, Mario Cavaradossi e Floria Tosca, Pinkerton e Cio-cio-san.
E i nomi delle sue opere sono ormai passati alla storia della musica: Le Villi, Edgar, Manon Lescaut, La Bohème, Tosca, Madama Butterfly, La Fanciulla del West, La Rondine, Il Tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi (queste ultime tre ad atto unico, unite sotto il nome de Il Trittico), Turandot.
Dodici capolavori è quello che Puccini ha lasciato a tutti gli amanti dell’opera; dodici stelle tra le quali splende luminosa la meraviglia della sua ultima fatica: Turandot, naturalmente.

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