sabato 10 maggio 2008

Turandot: Croce e Delizia dell'Opera italiana (cap. 6)

Microcosmo di coppia pucciniano

Nei capitoli precedenti di questo breve saggio sulla Turandot e Puccini abbiamo più volte accennato alle particolarità che distinguono il compositore toscano dai suoi altrettanto celebri colleghi.
Analizzando a fondo i lavori di Puccini possiamo a questo punto approfondire un altro concetto di non trascurabile importanza qualora si cerchi di analizzare con puntuale efficacia i personaggi che prendono vita dalle sue opere.
Di solito siamo abituati a ricercare una tradizionale struttura sia nella trama che nei personaggi di un’opera. Puccini rompe anche questi consueti schemi che la tradizione ci ha abituato a dare per scontati.
Naturalmente non è intenzione di questo saggio generalizzare la struttura delle opere in un semplice schema ripetuto nel tempo dai vari compositori, ma si cerca solo di accentuare in questa maniera quello che sotto molti aspetti può essere definito “microcosmo di coppia pucciniano”, e per l’appunto limitato ai lavori di Giacomo Puccini.
Molto spesso le opere sviluppano la propria trama ripartendo ruoli e emozioni su più personaggi, ricorrendo non di rado a un triangolo di protagonisti che nella maggior parte delle occasioni è rappresentato da tenore, soprano e baritono/basso o altro. Naturalmente questa è una semplice generalizzazione poiché sono molte le opere che non seguono questo schema.
Molti, tra i meno esperti, sono soliti credere che i ruoli del tenore e del soprano ricoprano sempre le parti principali, ma possiamo portare molti esempi a smentita di questo ragionamento (Don Giovanni su tutte).
Comunque è facile ritrovare uno schema tripartito di protagonisti dove almeno uno dei personaggi è l’elemento di disturbo. Per chiarire è possibile portare qualche illustre esempio: La Traviata (Violetta, soprano, Alfredo, tenore, Père Germont, baritono), L’Elisir d’Amore (Adina, soprano, Nemorino, tenore, Belcore, basso), Adriana Lecouvreur (Adriana, soprano, Maurizio, tenore, la principessa, soprano).
È per l’appunto questo lo schema al quale sfuggono gran parte delle opere pucciniane. Anche quando è possibile individuare un terzo elemento (il barone Scarpia nella Tosca), quello che banalmente abbiamo chiamato di disturbo, questi orbita solitamente intorno alla coppia centrale, sulla quale Puccini indirizza tutti i propri sforzi emotivi e drammatici.
Celebre è addirittura il caso de La Bohème nella quale tutto il mondo circostante sembra ruotare intorno a una doppia coppia di protagonisti, due fantastici microcosmi: Rodolfo e Mimì, Marcello e Musetta. Certo è che il ruolo della prima coppia è nettamente preponderante, ma è tramite questi personaggi che Puccini ci presenta l’indisciplinato mondo della scapigliatura.
Il discorso è portato all’esasperazione nella Madama Butterfly, opera nel quale questo microcosmo di coppia addirittura si restringe e a larghi tratti comprende solamente la protagonista femminile, la giovane sventurata cio-cio-san, tramite la quale conosciamo una realtà fatta di amarezze e discriminazioni.
Nelle opere degli altri compositori il mondo circostante e i protagonisti interagiscono e insieme danno vita a una realtà più complessa. In Puccini il tutto è racchiuso in pochi personaggi chiave, veicoli di emozioni e ideologie. Personaggi caratterizzati a tinte forti ai quali non è possibile rimanere indifferenti, nel bene come nel male.
È grazie a questo microcosmo di coppia che Puccini riesce a calamitare l’attenzione dello spettatore, a strapparlo alla propria realtà per gettarlo completamente in quella di un Mario Cavaradossi o di una Floria Tosca.
È grazie a tutto ciò che riusciamo a calarci nei panni del giovane e temerario principe Calaf, nel suo folle e illogico amore, così testardo e apparentemente senza logica. Dobbiamo astrarci dal mondo circostante e fare nostre le emozioni dei personaggi, così da accettarli e viverli allo stesso tempo con la forza che sprigionano.
Accettiamo così il sacrificio della piccola Liù e sembra normale che la principessa Turandot possa all’improvviso amare lo spregiudicato Calaf.
Tutti insieme attendiamo così che arrivi una nuova alba, per scoprire se è portatrice di morte o d’amore. E ci sembra di sentire ancora la voce squillante del principe che ne invoca l’arrivo:

… dilegua oh notte, tramontate stelle, tramontate stelle… e all’alba vincerò, vincerò, vincerò!

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